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La tutela della salute deve coinvolgere tutti

Resoconto V congresso su “Promozione di sani stili di vita ed evoluzione della Salute: modelli multidimensionali tra professionisti della Salute” promosso dall’OMCeO BAT

Sabato 1° ottobre a Trani (Palazzo San Giorgio) si è svolta la quinta edizione del convegno “Promozione di sani stili di vita ed evoluzione della salute: modelli multidimensionali tra professionisti della salute”, organizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia BAT. Ormai un appuntamento fisso per tutti coloro che, in ambito sanitario, condividono la necessità di creare e consolidare modelli di cooperazione interdisciplinare per la promozione del benessere e della salute.

“La tutela della salute coinvolge tutti, nessuno escluso – ha affermato il presidente dell’OMCeO BAT, Benedetto Delvecchio, nel suo intervento – dall’insegnante al medico di base, dal biologo al fisioterapista, dall’educatore allo psicologo, dal nutrizionista all’allenatore, dal farmacista all’infermiere tutti contribuiscono in maniera unica, indispensabile e fondamentale alla cultura della prevenzione. Riteniamo, infatti, che il nostro compito fondamentale sia la questo, al di là del ruolo che il Sistema sanitario svolge nella cura del paziente. Raggiungeremo il nostro obiettivo di medici quando avremo contribuito a generare un efficace sistema di prevenzione”.


È proprio per raggiungere questo obiettivo che il convegno, sin dalla sua nascita, ha nella promozione di sani stili di vita la propria centralità. Un modello di vita equilibrato, che inizia dalla giusta attenzione all’attività fisica, argomento della prima sessione, aperta dalla testimonianza della 18enne Federica Chisena, atleta della Federazione Italiana Canottaggio e giovane promessa dello sport italiano (dal 20 ottobre ai Campionati Mondiali Juniores di Canottaggio che si terranno in Galles). Prima la pallavolo, poi, da 5 anni il canottaggio. “È uno sport difficile, impegnativo, che mi occupa diverse ore al giorno, tutti i giorni” – ha detto e, sfatando un falso mito, ha voluto precisare quanto tenga allo studio per la sua crescita di persona. “È molto importante quando si pratica sport a livello agonistico essere seguiti da professionisti con competenze complementari: avere attorno a noi esperti della nutrizione, della riabilitazione, della preparazione atletica. Consiglio a tutti gli adolescenti di fare sport: per imparare a gestire meglio le sfide della vita, scaricare le tensioni, centrarsi maggiormente su sé stessi, accrescere l’autostima, avere uno stile di vita attivo e un fisico in forma”.

L’inattività fisica, come ha spiegato Dario Colella, professore Ordinario di Teoria e Metodologia del Movimento Umano e Teoria Tecnica e Didattica delle Attività Motorie per l’Età Evolutiva dell’Università del Salento, è uno dei problemi più gravi che la salute pubblica si trova a dover affrontare nel XXI secolo. Un problema divenuto quasi un’emergenza dopo l’ultimo biennio caratterizzato dalle restrizioni connesse alla pandemia da Covid-19, che hanno fatto registrare un’impennata dei casi di sovrappeso e obesità anche in età evolutiva. Nel suo intervento il professor Colella ha illustrato le “Linee guida per la promozione dell’attività fisica e l’attuazione di programmi multicomponente” che, coinvolgendo una vasta platea di soggetti, dalla famiglia alla scuola, dai medici alle strutture sportive, mira a diffondere soprattutto fra i giovani la consapevolezza di quanto sia importante per il loro benessere, presente e futuro, adottare uno stile di vita fisicamente attivo.


Nel sottolineare la “differenza tra inattività fisica e attività di intensità moderata”, Marco Bernardi, Professore di Scienze Motorie, Vicedirettore della Scuola di Specializzazione di Medicina dello Sport dell’Università “La Sapienza” di Roma, ha illustrato i vantaggi di uno “stile di vita attivo” e di praticare sport, nella prevenzione di “infiammazioni croniche di basso grado” che possono sfociare in malattie degenerative, come la demenza, o generare depressione o disturbi psichiatrici. “Avere una fitness elevata fa bene a tutti. Per i disabili o coloro che hanno ridotte capacità motorie, i fattori di rischio di malattie degenerative, di conseguenza, sono più elevati. Anche gli atleti paralimpici hanno fattori di rischio, a differenza di quanto si possa pensare”.


Sulle nuove frontiere nella prevenzione e nella cura ha relazionato in collegamento video, il Direttore della Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università degli Studi di Cagliari, Vassilios Fanos, illustrando le potenzialità connesse alla metabolomica, una disciplina che permette di accertare la presenza di squilibri biochimici provocati dalla carenza di nutrienti alla base delle funzioni dell’organismo. “Attraverso analisi mirate – è sufficiente un campione di sangue o uno di urine – è possibile risalire alle cause delle diverse patologie croniche e intervenire sul ripristino dell’equilibrio biochimico del corpo, con miglioramenti sui livelli di energia, sulla qualità del sonno, sul peso corporeo e l’invecchiamento”.


La seconda sessione, moderata da Domenico Meleleo, Medico Pediatra di Libera Scelta, componente della Commissione Promozione della Salute OMCEO BAT e responsabile scientifico del convegno, ha proposto una riflessione sul rapporto fra stili di vita e sostenibilità. Un tema sempre più incalzante, quello della sostenibilità, ancor più in ambito nutrizionale, come evidenziato dall’intervento di Pasquale Crupi, ricercatore dell’Università degli Studi di Bari, sui limiti di alcuni sistemi di etichettatura degli alimenti, come il cosiddetto Nutriscore: “Oltre a ledere economicamente l’agroalimentare italiano ed alcune produzioni tipiche made in Italy, il Nutriscore rischia di confondere i consumatori invece che informarlo, poiché non differenzia la tipologia dei nutrienti contenuti in un cibo, come nel caso dei grassi, non distingue quelli saturi da quelli insaturi. L’Università di Bari ha elaborato invece il sistema di etichettatura Med Index che, ispirandosi alla dieta mediterranea e al modello from farm to fork, informa il consumatore anche sugli aspetti di sostenibilità del cibo e lo aiuta a fare scelte consapevoli”.


La consapevolezza guida l’intervento di Lucia Calabrese, psicologa, coordinatrice del Servizio SAISH di Roma. “Perdere la salute fisica inevitabilmente compromette la salute mentale – ha spiegato – il paziente deve avere gli strumenti per condurre una vita normale nonostante la malattia”. E aggiunge che “troppo spesso si aspetta per intervenire con un sostegno psicologico, lasciando che la situazione progredisca negativamente. È importante acquisire il prima possibile la consapevolezza di ciò che ci fa male e allontanarcene, chiedere aiuto, denunciare: prendere coscienza della realtà, delle debolezze, delle mancanze ci aiuta a definire meglio i nostri bisogni”.


Dall’equilibrio psicologico si torna a parlare di equilibrio fisiologico nell’intervento di Valerio Ciccolella, nutrizionista sportivo, coordinatore della Giornata del Biologo Nutrizionista indetta da ENPAB, che ha ribadito quanto il “ruolo del nutrizionista si inserisca nel team multidisciplinare sportivo ricoprendo un ruolo di cerniera con la famiglia e di educatore nei confronti dei giovani sportivi, analizzando e promuovendo l’uso di diari alimentari corretti per la specifica disciplina che si pratica: in base al ruolo che si riveste in campo, in base allo stile di vita che l’atleta tiene fuori dal contesto sportivo e di allenamento. È sbagliato imporre le scelte alimentari, è utile invece coinvolgere gli adulti-genitori nelle scelte nutrizionali”.


Obesità e disturbi psicologici rappresentano due aspetti che incidono pesantemente sulla Sanità pubblica – ha affermato Anna Palumbo, psicologa e psicoterapeuta – Si condizionano l’un l’altro. L’obesità incide su diversi aspetti della vita: depressione, tenore economico, mortalità; è una patologia complessa, che richiede un approccio multidimensionale. L’obesità non è solo frutto di abitudini alimentari scorrette e scarso movimento, ma origina anche da problemi psicologici e sociali. È necessario agire preventivamente non solo sul controllo del peso ma sul cambiamento dello stile alimentare, sulla motivazione, sul concetto di autoefficacia per combattere tentazioni, dipendenze e ricadute che minano ancora di più la stima in sé stessi”.

Dieta sì, ma quale? Tra i modelli alimentari più conosciuti, c’è la dieta chetogenica, che divide il mondo scientifico sugli effetti e sulle conseguenze per l’organismo. “Come tutte, anche la dieta chetogenica ha delle controindicazioni, che non sono quelle che normalmente le vengono attribuite – ha esordito Antonio Paoli, Professore Ordinario Scienze Motorie e Vicerettore per lo Sport dell’Università degli Studi di Padova, in apertura della sua lettura magistrale su “Dieta chetogenica: moda o panacea?” Paoli ha smentito una serie di luoghi comuni come l’equazione “dieta chetogenica = dieta iperproteica”, spiegando che la dieta chetogenica “costringe l’organismo a consumare i grassi di deposito e quindi è un sistema efficace per il dimagrimento”. Studi clinici, inoltre dimostrano la sua utilità nel trattamento di alcune malattie. Anche nell’ottica di un ritorno a uno stile alimentare ricco di carboidrati come la cosiddetta “dieta mediterranea”, la chetogenica si è dimostrata essere una buona transizione.

I vecchi sono felici come i bambini e più felici delle altre età, i mediani sono stressati a causa del duplice ruolo di genitori e di figli”: Rossana De Beni, professore Ordinario di Psicologia dell’Invecchiamento e Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali dell’Università di Padova svela un paradosso emerso da recenti ricerche scientifiche. “Nella ricerca del benessere negli anziani fondamentali sono le relazioni, l’autonomia, l’indipendenza. Sentirsi a casa propria, nel mondo in cui si è, avere capacità di resilienza, autoefficacia, ottimismo, occasioni di arricchimento culturale personale incidono profondamente sulla salute dell’anziano”.


Dello stile di vita nella terza età, in relazione allo stato di salute, ha discusso anche Giovanni De Pergola, professore Associato di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Bari, concordando sulla necessità di investire maggiormente nella prevenzione e nell’educazione ai corretti comportamenti in età giovanile.


Di grande interesse, infine, la tavola rotonda su “Stili di vita e collaborazione multiprofessionale: utopia o necessità?” alla quale hanno preso parte Rosa Lenoci, Presidente Associazione Biologi Nutrizionisti Italiani – Antonio PaoliGiovanna Pontiggia, Vicepresidente Ordine Psicologi Regione Puglia, Bari e Filippo Procino, Presidente Albo Dietisti BA-TA-BAT.
Tutto ciò che la salute non cura va a finire nel profondo, rischiando di minarne l’equilibrio” – ha detto Pontiggia, sottolineando che la collaborazione multiprofessionale è un’opportunità, oltre che una necessità – Assistiamo ad un incremento della patologia mentale, perché aumenta il disagio attorno a noi. Dobbiamo costruire modelli e protocolli, da condividere, prassi da esportare, informazione comune, indicatori per poter curare la parte sana della persona malata”. “Collaborare si può – hanno concordato Procino e Lenoci – L’interprofessionalità nasce dalla conoscenza, dall’andare al di là dei luoghi comuni: nessuno di noi può fare tutto ma nella collaborazione troviamo un completamento delle competenze”.