dott. Saverio Tripaldella, ortopedico
Direttore UOC Ortopedia Mater Dei Hospital di Bari
La chirurgia protesica è un campo in costante evoluzione. Le forme degli impianti e le tecnologie dei materiali utilizzati continuano a perfezionarsi nel tempo rendendo gli interventi sempre più sicuri e la durata delle protesi sempre maggiore. Le tecniche chirurgiche si evolvono e vengono perfezionate: per quanto riguarda le vie di accesso in particolare, si è alla ricerca di metodologie sempre più “tissue sparing” cioè a risparmio tissutale. La via anteriore diretta è un metodo non sempre utilizzato, ma che garantisce numerosi vantaggi, diminuendo allo stesso tempo i rischi dovuti all’intervento.
Quando parliamo di vie d’accesso per l’impianto di protesi d’anca ci riferiamo a tutti quei tagli cutanei e a tutte quelle sezioni muscolari o tendinee necessari per accedere all’articolazione e poi posizionare l’impianto protesico: in definitiva la “strada” da percorrere nel corpo. Le vie di accesso più utilizzate sono la laterale e la postero-laterale: in entrambi i casi si effettua un’incisione chirurgica piuttosto lunga e la sezione di alcuni muscoli come il tensore della fascia lata, gli extrarotatori dell’anca o il grande gluteo e medio gluteo che vengono poi suturati al termine dell’intervento. Tra le vie d’accesso mini-invasive, l’unica che si può considerare completamente “tissue sparing”, cioè senza alcuna sezione di muscoli, tendini o legamenti, è la via anteriore diretta ASI. Per la via anteriore diretta è necessaria un’incisione molto più piccola rispetto alle tecniche tradizionali, circa 8-10 cm. Ne consegue un miglior risultato dal punto di vista estetico, ma anche una riduzione della reazione cicatriziale dei tessuti oltre che una riduzione della perdita ematica.
Il vero vantaggio è però il risparmio dei tessuti profondi: a differenza delle tecniche tradizionali che prevedono il taglio o la disinserzione dei muscoli attorno all’articolazione, nella via anteriore diretta si sfruttano gli spazi esistenti tra le masse muscolari e si procede divaricando e non tagliando o disinserendo i capi muscolari. Nella regione anteriore non ci sono muscoli che si inseriscono sul femore per cui una procedura del genere è più semplice da effettuare tramite la via d’accesso anteriore. La strumentazione utilizzata, vista la differenza di procedura rispetto alle tecniche tradizionali, è differente e specifica. Occorre sottolineare che, essendo la via d’accesso più piccola, in genere si preferisce utilizzare protesi di dimensioni ridotte che garantiscono un sacrificio minore del tessuto osseo del femore nel quale la protesi verrà impiantata. La tecnica ASI, inoltre, consente di effettuare la via mini-invasiva anche nel caso di pazienti con particolari esigenze, come chi è afflitto da obesità o altre patologie.
Continuando a parlare di vantaggi possiamo affermare che, grazie al risparmio tissutale e al conseguente rispetto dell’anatomia dell’articolazione, la tecnica, ampiamente utilizzata dall’UOC di Ortopedia del Mater Dei Hospital di Bari, garantisce: riduzione del dolore postoperatorio (i muscoli non vengono sezionati); riduzione della zoppia e della limitazione funzionale nelle prime fasi post-operatorie; riduzione del rischio di lussazione della protesi (i muscoli risparmiati dal taglio garantiscono maggior stabilità); minor perdita ematica; una cicatrice cutanea ridotta; ripresa funzionale più rapida; maggior precisione nella gestione della lunghezza degli arti; degenza ospedaliera breve.
Anche il percorso riabilitativo post operatorio è semplificato. La ridotta o assente sintomatologia dolorosa e la conservazione del tessuto muscolare, infatti, consentono sin dal giorno successivo all’intervento di avviare il protocollo riabilitativo. Il paziente viene sottoposto ad una precoce mobilizzazione attiva e passiva dell’anca operata e può stare seduto a letto. In maniera intensiva, viene educato dai fisioterapisti ad una deambulazione assistita con stampelle. Di solito una volta dimesso è in grado di camminare autonomamente, fare le scale con appoggi, stare seduto ed alzarsi da solo per andare in bagno. Il programma di riabilitazione prosegue poi ambulatorialmente con regolare e costante fisiokinesiterapia a secco ed, eventualmente con la piscina riabilitativa per il rinforzo del quadricipite della coscia e dei glutei, importanti stabilizzatori del bacino. Il ritorno all’attività sportiva è possibile solo dopo un completo recupero riabilitativo, con l’avvertenza di cominciare da quelle a basso impatto (nuoto e bicicletta).
Per saperne di più scrivere a: tripaldella.fs@libero.it