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‘Gli effetti della pandemia sui pazienti con dolore cronico’ intervista al dr. Luigi Santoiemma, famacologo clinico


Continua anche in piena estate il nostro viaggio intorno ai grandi temi di medicina caratterizzanti il complicato periodo che stiamo vivendo. Per parlare degli effetti causati dalla pandemia sui pazienti con dolore cronico abbiamo posto alcune domande al dr. Luigi Santoiemma, Medico di Medicina Generale della ASL Bari, Farmacologo Clinico, Componente Commissione Tecnica del Farmaco Regione Puglia, Consulente esperto AIFA.


Dr. Santoiemma, quali effetti ha avuto la pandemia sui pazienti con dolore cronico?

La pandemia da Sars-CoV-2 ha posto molte sfide ai Sistemi Sanitari di tutto il mondo: una di queste è stata la sostenibilità e la continuità nella gestione di problematiche NON correlate al virus. E, come è davanti agli occhi di tutti, questa sfida è stata persa. Di fronte alla pressione sulle strutture sanitarie di tutti i livelli, alla riconversione COVID di interi ospedali, alla difficoltà se non addirittura alla impossibilità di accesso nelle strutture sanitarie, l’attività diagnostica, terapeutica e assistenziale ha subito ritardi gravissimi. Si stima che, ad esempio, la diagnostica di prevenzione del cancro mammario ha visto rinviare di 12-18 mesi migliaia di esami mammografici, rinvio che si tradurrà in centinaia di ritardi diagnostici di malattia neoplastica.

Cosa è successo ai pazienti con problematiche di dolore cronico? 

Proviamo a distinguere l’attività degli ambulatori di Terapia del Dolore dalla gestione in Cure Primarie. Gli ambulatori di Terapia del Dolore, quasi sempre allocati in strutture ospedaliere/universitarie e pochissimo presenti in ambito territoriale/distrettuale hanno subito le stesse difficoltà di accesso di tutte le attività ambulatoriali: riduzione delle visite, chiusura della struttura stessa, dilazione delle visite di controllo. Cure Primarie: il dolore è una dei motivi principali di richiesta di consultazione. Se da un lato gli studi di Medicina Generale hanno dovuto ridurre gli accessi alle situazioni indifferibili, dall’altro gli stessi pazienti, intimoriti dai rischi di una esposizione a contagio, hanno ridotto le richieste di contatto, magari persistendo in una terapia già in atto, senza un momento di necessaria verifica e modulazione della terapia stessa. In conclusione: i pazienti con dolore cronico hanno subito, in periodo pandemico, un ritardo su tutto il percorso assistenziale, dalla valutazione clinica, all’approfondimento diagnostico, alla modulazione terapeutica.


Sospensione delle visite/servizi in presenza e attuale cambiamento del paradigma: la cura e il supporto a distanza nei confronti di pazienti con condizioni non urgenti o con patologie croniche sono diventati imperativi…

La gestione a distanza è stata una inevitabile necessità per il paziente COVID in cura domiciliare ma lo è stata altrettanto per il paziente non-COVID. È stato chiesto al telefono, al pc, agli stessi strumenti “social” di fare da collante tra paziente e clinico, dimostrando tanto i limiti insiti nella rinuncia stessa al contatto diretto medico-paziente, quanto il clamoroso ritardo del nostro Sistema Sanitario nella implementazione di gestione a distanza del problema clinico. E se questa difficoltà è stata avvertita parecchio nel rapporto paziente-clinico ospedaliero, è stata percepita in maniera devastante nel rapporto tra paziente e medico delle Cure Primarie. Lo studio del Medico di Medicina Generale è stato da sempre percepito come un luogo di ascolto e contatto con il Sistema sanitario di facile accesso, quasi sempre non gravato da prenotazioni se non a brevissimo termine e mai comunque per situazioni con un anche minimo sospetto di urgenza. Trasformare questo contatto in un contatto indiretto, telefonico o altro, ha creato non pochi problemi a pazienti e clinici. Questa crisi, però, potrebbe diventare volano per una integrazione del tradizionale contatto diretto con altri strumenti di gestione a distanza che, però, devono nascere con una programmazione sistematica di tempi, infrastrutture, supporti e non essere frutto di improvvisazione. E questa, per il nostro SSN, è un’altra sfida importante e, probabilmente, non rinviabile.

Cosa potrà apportare di positivo la telemedicina nella valutazione e gestione del paziente con dolore cronico?

Moltissimo, ma non tutto. Dopo un piano di gestione ben disegnato nella presa in carico del paziente i controlli successivi, basati sulla valutazione di strumenti semplici e somministrabili a distanza (scale del dolore, etc) potranno essere effettuati in remoto, con liberazione di tempo e risorse anche di tipo economico (si pensi alle giornate di lavoro perse per accompagnare persone non autosufficienti presso ambulatori).La sorveglianza della comprensione del piano terapeutico, gestione degli eventi avversi e controllo della aderenza: questi sono interventi effettuabili anche da personale sanitario non medico.Altre opportunità sono la compilazione online di diari del dolore e scale da parte del paziente e consultabili dal clinico in tempo reale o in un momento successivo, e la formulazione di piani terapeutici, prescrizione di farmaci e ritiro in farmacia o direttamente a domicilio del paziente. Non è tutto. La componente emozionale del vissuto doloroso deve continuare a trovare una sponda fisica nel clinico. Abbiamo avuto la consapevolezza di quanto perfino l’uso delle mascherine e dell’assenza di contatto fisico abbia prodotto effetti negativi tanto sul piano comunicativo che su quello empatico. Per questo la lezione COVID deve invitarci a sviluppare e implementare modelli integrativi della gestione in remoto senza per questo pensare di ritirare il clinico in una sfera distante dal paziente ma utilizzare tutti gli strumenti della telemedicina come, appunto, attrezzi al servizio del rapporto medico-paziente e non sostitutivi di esso

(Questa intervista è stata strutturata nell’ambito del progetto Change Pain, l’iniziativa Grünenthal che conferma l’impegno dell’azienda nel migliorare la gestione del dolore e rende disponibili contenuti informativi ed educativi per gli operatori sanitari, i caregiver e i pazienti)